... MA DI COSA STIAMO PARLANDO ?
Viviamo in un mondo, il nostro mondo, Montecchio Maggiore, dove molte persone pensano che una corsa ciclistica che attraversa varie regioni del Nord Italia possa essere l’occasione per ritrovare o riconfermare un’identità collettiva legata semplicemente ad un territorio geografico segnato da confini (quali? Un friulano è straniero o padano?). Questi confini geografici diventano invece confini mentali e portano all’esclusione e al conflitto.
Bene. Siamo tutti soddisfatti. Abbiamo identificato un territorio e gli abbiamo dato un nome che non esiste per nessuno (se non per le lezioni di geografia quando si parla di Pianura Padana). Come donne, riteniamo invece che l’identità nasca dalla possibilità di creare relazioni e considerare il territorio come bene comune. Definire l’evento sportivo “padano” rafforza la nostra identità e ci aiuta ad affrontare meglio la difficile situazione economico-sociale?
Perché non chiediamo ai vari più o meno famosi imprenditori veneti che cosa è per loro la “padania”? Non hanno forse loro imparato tutte le lingue del mondo, affrontato tutte le leggi del mondo per poter andare a fare profitto da altre parti e fregarsene altamente della “padania”? Sempre parlando in dialetto tra loro magari, ma questo hanno fatto.
Vediamo i vari telegiornali e siamo costantemente informati di tutte le guerre che vi sono in giro per il mondo (anche vicino a noi ) e ci sentiamo impotenti da una parte e contenti dall’altra perché a noi non tocca. Però poi sentiamo che queste guerre sono solo preparazioni ad altre guerre , quelle sì che ci toccano, quelle che hanno a che fare con i soldi, tanti soldi, tutti i soldi. Queste guerre sono quelle che mettono in bilico il nostro posto di lavoro o addirittura ce lo cancellano, quelle che allontanano sempre di più il futuro dai nostri ragazzi , quelle che tolgono valore a chi ha voglia di imparare, di impegnarsi ed essere riconosciuto per il proprio impegno. Nel mentre, i nostri politici (con la complicità di chi ci dice che basta parlare dialetto e siamo tutti contenti) non sanno nemmeno da dove cominciare e i famosi “costi della politica” non hanno nessuna intenzione di abolirli, semmai dal 2013, tanto ci saranno degli altri e quindi meglio prendere il più che si può adesso…..
E allora? Perché si ha bisogno di segnare una appartenenza politica (perché di questo si tratta) su una corsa ciclistica? Per attirare consenso sulla base di cosa? Siamo tutti “padani” e una volta che ci siamo detti che siamo “padani” si sta meglio? O bisogna nascondere il fatto che il tanto acclamato federalismo in realtà sarà solo una nuova serie di tasse che, guarda caso, sarà proprio il Comune a chiederci? Oppure non ci saranno tasse ma non ci saranno neanche più servizi?
Lo vogliamo dire in dialetto, in italiano, in tutte le lingue del mondo che l’identità “padana” non ci interessa visto che si tratta di ricerca di identità chiusa su se stessa, identità che non ammette la relazione ed il confronto ma il “solo noi”. E questo “solo noi” non è fuori luogo solo per una questione etica o di rispetto delle istituzioni. E’ fuori luogo perché non ci aiuta, non dà possibilità alla nostra collettività, a noi, di avere degli strumenti che ci consentano di affrontare il mondo che ci guarda tutti i giorni. Un mondo che è destinato a perdersi se il pensiero che lo nutre parte da linguaggi e gestualità fortemente aggressivi che separano invece di fare incontrare.
E allora a noi, donne e uomini del Veneto, che non riusciamo ad alzare la testa e vedere quanto potere stanno accumulando tutti i vari sostenitori della “padania” non alzando un dito contro chi ci sta togliendo pian piano il nostro futuro, ci viene proposta il “giro della padania” e che la festa cominci (festa “padana” ma con i soldi dell’Italia tutta)!!