Tre vicende parallele, tre storie legate da un dramma comune: in una Stoccolma tollerante solo in apparenza, la violenza si nasconde dietro il volto stesso delle persone amate. Costretti a vivere nella paura, una giornalista di successo, una giovane immigrata e il proprietario di un locale notturno scelgono di ribellarsi e rompere il silenzio, conquistando la speranza di un nuovo futuro.
Ispirato a eventi realmente accaduti, Racconti da Stoccolma ha vinto il Premio Amnesty International al 57° Festival di Berlino (http://www.teodorafilm.com/film/racconti_da_stoccolma)- - -
Da King Kong Girl, di Virginie Despentes (pp.37-38)
“Lo stupro è un programma politico preciso: scheletro del capitalismo, è la rappresentazione cruda e diretta dell’esercizio del potere. Esso designa un dominante e organizza le regole del gioco per permettergli di esercitare il suo potere senza restrizioni. Rubare, strappare, estorcere, imporre che la sua volontà si eserciti senza ostacoli e che egli goda della sua brutalità, senza che la parte avversa possa opporre resistenza. Godimento dell’annullamento dell’altro, della sua parola, della sua volontà, della sua integrità.
Lo stupro è la guerra civile, l’organizzazione politica attraverso cui un sesso dichiara all’altro: mi prendo tutti i diritti su di te, ti costringo a sentirti inferiore, colpevole e degradata.
Lo stupro è caratteristico dell’uomo, non la guerra, la caccia, ildesiderio crudo, la violenza o la barbarie, ma lo stupro, che le donne – finora – non hanno mai fatto proprio.
Lo stupro serve innanzitutto da veicolo a questa constatazione: il desiderio dell’uomo è più forte di lui, non può dominarlo. Si sente ancora dire spesso “Grazie alle puttane, ci sono meno stupri”, come se i maschi non potessero controllarsi, dovessero scaricarsi in qualche modo. Convinzione politica costruita, e non l’evidenza naturale – pulsionale – che si vuole far credere
Lo stupro, l’atto condannato di cui non si deve parlare, sintetizza un complesso di convinzioni fondamentali riguardanti la virilità”